Le fonti scritte che consideriamo antiche hanno almeno qualche centinaia d'anni, a volte migliaia. I file paradossalmente vengono conservati su supporti molto deperibili, come CD e memorie flash. Questi oggetti possono divenire inutilizzabili nel giro di una decina d'anni. Inoltre i DRM incatenano la cultura contemporanea (libri, opere musicali e film) ai dispositivi, quando uno di essi viene perso viene perso anche tutto ciò che si poteva vedere da lì.
Se incatenare la cultura è un problema già per l'uso privato, come dovremmo dire di biblioteche, archivi, musei ed altre istituzioni scientifiche e culturali? Uno dei loro scopi principali è registrare e rendere accessibili i propri archivi, che con l'andare del tempo vengono sempre più digitalizzati e devono poter essere copiati velocemente e senza problemi. Ed ora il problema più grande, un DRM funziona solamente finché l'azienda che lo produce continua a venderlo. Se un programma DRM viene dismesso, tutto il contenuto protetto rischia di rimanere inaccessibile, anche se l'avete pagato.
Mentre le biblioteche e gli archivi hanno conservato il nostro retaggio culturale per molti secoli, oggi sono costrette a spendere ingenti somme di denaro pubblico per del materiale che potrebbe diventare illeggibile nell'arco di pochi decenni; un'abbondanza di fonti, materiale storico ed educativo andrà persa. I ricercatori del futuro potrebbero chiedersi perché la società di oggi abbia deciso di cancellare la propria cultura.